Nell’immaginario di ognuno di noi quando si pensa ad una meta esotica, dove tutto è felice e sereno viene spontaneo pensare a queste isole.
Quasi una chimera a causa della loro posizione, nel bel mezzo dell’oceano pacifico, 12 ore di fuso orario dall’Italia, 18 ore di volo dallo stivale, oltre 6 ore di volo da Los Angeles.
Sorge spontanea la domanda: sono veramente così fighe?
La risposta scontatissima è si, la risposta vera che vi darò io è quella di una persona che da sempre fa surf, che da sempre vede documentari, immagini, legge libri e ascolta racconti sulle Hawaii e che presumeva di essere così preparato da rimanere deluso.
Queste isole sono andate oltre le mie aspettative, mi hanno stupito, mi hanno rubato l’anima.
L’impatto è assurdo: scegliamo come prima isola Kauai, l’isola “giardino”, dove non esistono case più alte di un piano per un decreto volto a tutelare l’ecosistema dell’isola.
L’aeroporto si presenta totalmente “aperto”, senza finestre, tutto in legno. Un tuffo nel passato, un odore fortissimo di primavera, un vivaio lungo ogni strada e i colori, sì i colori…
Sono diversi, sarà la rifrazione della luce, sarà tutto quello che troverete su internet ma alle Hawaii il verde è più verde, l’azzurro del cielo è più intenso, il colore del mare ha mille sfaccettature, la natura è semplicemente più ispirata e ha la possibilità di mostrarsi nella sua immensa bellezza. In particolare questa isola è famosa per la Na Pali Coast, set di moltissimi film, fra tutti Jurassic Park per rendere l’idea.
I veri hawaiani sono qui, i locali sono una comunità particolare, sorridente ma profondamente legata al suo territorio, ospitali e ti fanno sentire veramente ospite, ma in quanto tale di “passaggio” e implicitamente “rispettoso” e “consapevole” di camminare su una terra sacra.
Non voglio soffermarmi sulla mia più grande passione che è il surf, la sensazione dell’attacco dell’onda oceanica che ti arriva alle spalle è un assaggio di paradiso, ma credo annoierei la stragrande maggioranza di voi.
Però devo essere totalmente sincero, il surf alla fine ha rappresentato una piccola parte dell’esperienza a Kauai, si respira infatti questa sacralità nel rapporto dei locali con il mare, con le montagne e con gli animali che ti distrae da qualunque altro elemento accessorio.
Ti senti veramente dall’altra parte del mondo qui, mentre nelle nostre strade girano cani e gatti alle Hawaii ti ritrovi in spiaggia o lungo le strade o sulle mangrovie le “galline”, questi simpatici piumati sono endemici sull’isola e l’abitano e l’attraversano con nobile disinvoltura.
Quasi come trascinati da una calamita, ci ritroviamo per caso lungo uno dei percorsi più belli e pericolosi del mondo: il Kalalau Trail. Questo percorso fra le bellissime asperità della Na Pali Coast offre la possibilità di raggiungere calette nascoste di una bellezza rara, fino ad arrivare ad una spiaggia bianca chilometrica degna fine di un percorso difficile, da non prendere alla leggera, tanta acqua, buone gambe, perseveranza.
L’elemento che mi viene in mente pensando a Kauai è: 4 Luglio… festeggiare nello stadio più grande dell’isola, con tutti gli abitanti, l’evento più importante del loro calendario istituzionale è stata un’esperienza unica. Organizzazione, divertimento, tranquillità, sicurezza, integrazione.
Questa isola ci ha dato la prova che esistono sistemi che riescono a far coincidere le esigenze dell’uomo, la tutela del patrimonio ambientale, il rispetto e l’integrazione di tutti.
Ma non tutte le Hawaii sono isole “felici”.
Ancora frastornati dalla incontaminata Kauai ci dirigiamo a Oahu. Impatto totalmente diverso, Honolulu, nell’immaginario comune meta estiva del mago merlino della spada nella roccia, in realtà è una metropoli con grattacieli, negozi, attività e traffico da non sfigurare con Los Angeles o San Francisco. Waikiki beach, patria del surf da copertina, è la nostra base d’appoggio, ma gli enormi palazzi e il consumismo più sfrenato ci porta in macchina alla ricerca delle Hawaii che avevamo conosciuto nell’isola precedente.
Basta veramente poco per tornare in paradiso, La North Shore, la vera patria mondiale del Surf da onda svela il rapporto magico che c’è fra la gente del posto e la tavola di legno. Il surf è uno stile di vita, un approccio che va oltre il semplice gesto sportivo, il rispetto per la ciclicità del mare, della natura, il volersi totalmente integrare con essa è forse l’elemento essenziale del hawaian way of life.
Come può convivere questo nord così selvaggio, fatto di spot per il surf, pescatori, appassionati per il trekking, rafting, fiumi, montagne, alberi con quei grattacieli che abbiamo visto a Honolulu?
Più ci si discosta dal Sud industrializzato e globalizzato più si incontrano segni di una protesta che va avanti da anni. L’urbanizzazione derivante dal turismo stagionale e dalle vendite di seconde abitazioni a causa della sua incostanza non viene visto dagli hawaiani come una fonte stabile di guadagno soprattutto perché rischia di rovinare l’ecosistema. Quindi capitano scritte sui muri dove si invoca al comprare e consumare prodotti locali, altri slogan contro l’edilizia sulla costa, altri ancora a favore delle fonti di energia alternative.
Girando ti imbatti in posti come Hanauma bay state park e capisci la protesta, capisci cosa li lega alla loro terra, capisci che stai entrando in una riserva naturale che oggi è una baia piena di coralli, prima era un vulcano, che ha mantenuto la sua forma circolare, che oltre la barriera corallina si trova la parete del vulcano e sprofondi oltre i 1000 metri d’acqua e di lì vedi il passaggio delle balene… E forse ti senti un po di aver fatto pace con la natura, e forse, dico forse, ne esci più consapevole.
La silente protesta del Nord contro il Sud globalizzato diventa chiusura nei confronti del turista soprattutto ad Ovest dove a volte le difficoltà economiche e la disoccupazione creano terreno fertile all’intolleranza.
Ma le Hawaii sono anche questo! Sarà bellissimo imbattersi in brevissimi acquazzoni che produrranno meravigliosi arcobaleni, vedere le tartarughe stanche che fanno una pausa sul bagnasciuga, sentire il suono dell’ukulele, le collane di fiori, le camice, il sushi che incontra la frutta esotica e crea delle esplosioni di sapori, l’aloha spirit degli hawaiani, la nostalgia che ti prenderà quanto andrai in aeroporto. In ogni tappa abbiamo macinato chilometri in macchina, a piedi, sulle canoe, sulle tavole da surf, sui mezzi pubblici e così via.
Ripartiti da Honolulu tappa di scalo a Washington, città stupenda, costa opposta, storia, musei, politica, street culture. Ma questo è già l’inizio di altro viaggio…
Alla prossima!