Giorno: 02.09.2010
Tappa: n. 1
Durata: 10,5 ore, dalle 10:30 alle 21:00
Percorso: 24,9 km + 5 km (fuori pista)
La nottata all’aria aperta trascorsa con un occhio aperto e l’altro a riposo mi porta dritta verso il domani. Il primo giorno ufficiale di Cammino inizia con una colazione veloce in stazione a Bayonne: un croissant e un tè ai frutti e poi via… treno mi aspetta, l’ennesimo, subito in partenza per Saint Jean Pied de Port! Il viaggio è affascinante, i binari sono isolati tra le curve delle montagne e attraversano foreste verdi e piene di rugiada. È qui che inizia l’avventura per davvero, in un comune francese di 1700 abitanti o poco più nel dipartimento dei Pirenei Atlantici – regione Aquitania. Parte da questo punto il Camino Francés.
Senza dilungarmi più di tanto, preciso qui che il Cammino di Santiago non è uno. Unica è solo la destinazione, le partenze sono varie, i percorsi molteplici e dalle mille sfaccettature. La prima tappa è quella dove si ufficializza l’inizio del pellegrinaggio. Io ho scelto di questa partenza “storicamente riconosciuta” o “più classica” per il mio!
A Saint Jean vengo registrata come pellegrina e mi viene timbrata la credenziale, il documento che possiedono i tutti i viandanti a dimostrazione del loro pellegrinaggio verso San Giacomo. Si tratta del “passaporto” che permette a chi – a piedini, in bici o montando un cavallo – percorre i chilometri che lo separano dalla capitale della Galizia e che permette di fruire in qualità di pellegrino di tutti i servizi e le agevolazioni che gli spettano.
Ebbene sì! Il Cammino è iniziato. La prima tappa prevede il valico dei Pirenei e l’attraversamento del confine Francia-Spagna. Non essendoci alcun punto di ristoro (o più o meno nessuno) il rifornimento a Saint Jean prima di partire è d’obbligo, il minimo indispensabile per affrontare la giornata (anche per non aumentare il peso dello zaino), tanto più che la tappa non sarà affatto delle più facili. Un inizio col botto e a prova di tenacia, motivazione e fermezza di spirito: dai 200 metri sopra il livello del mare si arriva ai 1400 per poi ridiscendere in quasi 25 km. Nulla di impossibile ma, ripeto, non è stata affatto la tappa più facile… non per me almeno.
Molto prima di metà tragitto della giornata, ero già stata trattenuta da qualsiasi distrazione tra me e la meta: mucche ruminanti, pecore nel loro recinto e cavalli allo stato brado. In particolare dei cavalli ho un ricordo bellissimo: era una giornata di forte nebbia e spesso li si vedeva correre e uscire dalla visuale per poi ricomparire quasi dal nulla. Uno spettacolo magico, paradisiaco… irreale. Le criniere bionde mosse dal vento; la muscolatura perfetta di questi animali, così perfetta da sembrare quasi scolpiti. La magia viene un po’ interrotta da uno di loro, un cavallo un po’ più paffutello degli altri che ha trovato nel bel mezzo della natura un cartello stradale appoggiato tra i sassi. È una segnaletica di pericolo di sbando per le moto o bici che percorrono quella parte di cammino dovuto a dei lavori in corso i quel tratto di montagna. Ebbene il cavallo in questione approfitta del cartello in questione per grattarsi il suo sederone tondo tondo. Ero lì con altri pellegrini… non riuscivamo a smettere di ridere… piangevamo dal ridere a dire la verità! Era così impegnato nel colmare il suo prurito e sereno d’animo che non si è nemmeno accorto di noi e del nostro fracasso da pellegrini divertiti. Un episodio che non potevo tralasciare nel mio racconto.
Poi il momento di ridere finisce: mi perdo tra i Pirenei perché la nebbia non mi permette di vedere bene le frecce gialle che guidano i pellegrini nel loro andare. Il piccolo cellulare che porto con me riceve messaggi di continuo, è grazie a questo continuo vibro del cellulare che mi accorgo di non essere sulla retta via: “Vodafone, benvenuto in Spagna!”, “Vodafone, benvenuto in Francia!”, così per 7 volte, mi ero persa sul confine e lo attraversavo di continuo. La mia tappa aumenta così di circa 5 km. Per fortuna degli operai al lavoro mi caricano sul loro furgoncino e mi riportano sulla retta via, all’incrocio dove mi ero persa.
Più o meno nel punto più alto dell’attraversata c’è un check-point. Lì conosco 2 ragazzi francesi – Ludovic e David – che stanno percorrendo il Cammino assieme. Il primo parla in francese, inglese e spagnolo (anche se è nato in Francia, vive in Argentina… si è trasferito lì per amore) mentre il secondo parla in francese e inglese. Con loro ho fatto subito amicizia, con loro ho proseguito il mio pellegrinaggio e sono arrivata a Santiago de Compostela percorrendo quasi tutte le tappe assieme. Avevamo vissuto un po’ tutti la stessa situazione: partiti in ritardo quella mattina, persi tra i monti e volenterosi di arrivare a Roncesvalles. Assieme abbiamo raggiunto la prima meta spagnola, ci siamo fatti coraggio a vicenda.
Ma prima di finire la giornata non può mancare il tramonto, la nebbia che finalmente cala e ci fa vedere un sole che si appoggia su un paesaggio da mozzare il fiato. Nonostante il nostro ritardo nella tappa ci fermiamo, ammiriamo quello che nella vita di ogni giorno ci sfugge forse perché “sappiamo di poterlo vedere domani”.
La discesa finale risulta lunga e faticosa, i piedi sono umidi e doloranti… le caviglie anche. Arriviamo a Roncesvalles che è molto tardi e quasi non troviamo un posto dove sostare la notte. Dormire en plein air di nuovo? No, non ce la faccio proprio dopo quella faticata.
Per fortuna il rifugio per pellegrini Itzandegia ha ancora dei posti liberi, ed è una meraviglia (in tutti i sensi). Sono capitata in un luogo profano ma dal sapore spirituale, una ex-chiesa adibita ad ostello dove la reception è vicino all’altare e i letti a castello, una sessantina e tutti uguali, sono allineati e disposti su tutta la navata. Zero privacy (un centinaio o poco più di persone tutte assieme), un eco di rumori (russate e…), la luce che si spegne ed accende ad orari prefissati come in collegio… sono cose che nemmeno noto, sono talmente stanca che dopo aver mangiato pane e tonno in scatola (da dentro la scatola) mi lavo e sprofondo in un sonno ininterrotto, super direi. Alle 6 del giorno dopo la sveglia e d’obbligo ma non importa… è comunque stato troppo bello dormire!