L’Ayers Rock è una delle (troppe) bellezze naturali australiane che nessuna foto e nessun racconto possono descrivere, io ci provo ma l’unico modo per capire la sua maestosità è andare lì, nel cuore dell’Australia. Accessibile su terra o per via aerea, questo imponente massiccio roccioso dell’Outback australiano è da sempre un luogo sacro per gli aborigeni.
Un po’ di storia: destinazione Ayers Rock Australia!
Ho percorso 2,900 km all’andata da Cairns e altri 1,600 km proseguendo verso sud – più precisamente Adelaide – al ritorno per vederlo (eh sì, se ti stai chiedendo “così tanti?” ti consiglio di scoprirlo nel mio articolo in cui spiego quanto grande è l’Australia). Ne è valsa la pena? Sì. Ci tornerei? Certamente (sì)! Te lo consiglio? Assolutamente (sì).
Perché ha questo (doppio) nome?
Facile… l’Australia è nota per essere una terra in cui il colonialismo ha tolto (e sta togliendo) molto agli aborigeni. I due nomi sono propio attribuibili a questa dualità che pervade il Paese: (ex) inglesi vs. popolazioni locali.
- Uluṟu è il nome originale del luogo, la cui origine deriva probabilmente dalla parola Arrernte ulerenye che significa “strano”;
- l’altro nome gli fu dato nel 1873 da William Gosse che rinominò la roccia Ayers Rock in onore di Sir Henry Ayers, Premier del Sud Australia.
Il suo duplice nome racchiude un po’ tutta la sua storia… e le due etimologie fanno capire in qualche modo l’importanza e l’imponenza di questa roccia per entrambe le culture.
Riconsegnato dal governo australiano nelle mani degli indigeni del luogo nel 1985 dopo decenni di proprietà coloniale, dal 2002 adotta come nome ufficiale Uluru/Ayers Rock come richiesto dall’Associazione Regionale del Turismo di Alice Springs.
Ma come ci è arrivata lì quella roccia?
Di certo non sono uno dei misteri più affascinanti dell’antichità come le piramidi d’Egitto, ma capire come il “cuore spirituale” dell’Australia è arrivato lì, o meglio si sia formato, è di certo interessante!
Ayers Rock è la parte più a sud della formazione monolitica di roccia per lo più arenaria (ma non solo) molto più vasta e in gran parte sotterranea che comprende anche i vicini Kata Tjuta e Monte Connor. Il suo colore rosso è dovuto all’ossidazione.
Questa depressione della crosta terrestre chiamata Amadeus Basin si formo più di 900 milioni di anni fa e ricevette sedimenti livello dopo livello per milioni di anni, circa 600 milioni.
In poche parole: guardare Uluru/Ayers Rock significa porsi di fronte al risultato di uno dei fenomeni di ossidazione ma anche di sedimentazione e successiva erosione più importanti, lunghi e vasti dell’intero pianeta Terra!
Curiosità sull’Uluru/Ayers Rock!
Ecco alcune informazioni interessanti botta e risposta su questa super attrazione naturale!
Come ne parla la mitologia aborigena?
Uluru è protagonista della tjukurpa, ossia della mitologia della cosiddetta “era del sogno” (deamtime) in cui le popolazioni locali raccontano le caratteristiche geografiche del territorio come se queste fossero delle “tracce” e allo stesso tempo delle essenza vitale continua di viaggi o azioni di esseri ancestrali vissuti in un’epoca precedente alla memoria umana. Le diverse storie dellatjukurpa sono rappresentate da numerosi dipinti rupestri lungo la superficie di Uluru/Ayers Rock: ce ne sono alcuni di migliaia di anni fa, altri molto recenti vengono rinnovati di anno in anno.
Cosa disse il primo esploratore che la vide?
La prima esclamazione fu “una pietra notevole”. Eh sì, e lo è davvero. Fu l’esploratore Ernest Giles a dirlo nell’ottobre del 1872 quando video il massiccio da molto lontano senza potersi avvicinare.
Dove si trova esattamente?
Coordinate esatte: 25°20’35.2″S 131°02’12.5″E… ma non ti puoi perdere! 😉
Quali sono le sue dimensioni?
Ecco qui le dimensioni dell’Ayers Rock:
- si estende per circa 350 m sul territorio circostante e sprofonda nel terreno per quasi 7 km (quindi ne possiamo vedere solo circa il 4,5 %, non mi immagino lo stupore nel vederla tutta!);
- parlando di altitudine, invece, ci si può alzare sul livello del mare di di 864 m;
- ha una circonferenza di circa 9 km, con superficie molto dura e pareti estremamente lisce a strapiombo.
Quanto ne possiamo sapere (o vedere)?
Molteplici luoghi sul perimetro di Uluru sono caratterizzati da una valenza religiosa forte e – di conseguenza – spesso non accessibili ai turisti oppure non fotografabili. I piranypa (ossia tutti i non-aborigeni) hanno possibilità limitate non solo di accesso ma anche di storia: i miti su questa roccia e la sua formazione, ma anche su pozze, sorgenti, ecc. del paesaggio circostante sono tenute segrete.
La zona: cittadine, attrazioni, deserto.
Oltre a questa gemma unica al mondo, la sua zona offre molto di più! Uluru si trova nello stato chiamato Northern Territory in Australia, più precisamente nel Parco nazionale Uluru-Kata Tjuta di 13.ooo km quadrati, a sudovest della cittadina di Alice Springs. Ci si arriva via terra grazie alla Stuart Highway prima (l’unica strada che percorre il centro dell’Australia) e alla Lasseter Highway poi per i 450 km che la separano da Alice Springs. Arrivando in aereo, invece, l’unico aeroporto prende proprio il nome da questa roccia ed è raggiungibile solo grazie a voli interni al Paese.
Il resort (non è un vero e proprio paesotto) più vicino (ossia a 17 km) si chiama Yulara ed è abitato da 3000 persone circa che lavorano quasi esclusivamente per il Parco. Per accedere è necessario pagare un biglietto di uno o più giorni e avere un alloggio riservato.
Esiste una bella strada da percorre per arrivare a Kings Canyon e sempre “vicino” (non di sto di certo parlando delle distanze europee) si trovano le antiche rocce rosse di Kata Tjuta (le “molte teste”). All’estremità ovest di Uluṟu si trova la comunità aborigena di Mutitjulu popolata da circa 300 persone Pitjantjatjara. Infine, nei dintorni sono interessanti anche gli allevamenti di bestiame dell’Outback che non si vedono di certo tutti i giorni.
Può sembrare strano, ma non posso dimenticare un ultimo consiglio: la sera non c’è moltissimo da fare nel parco e nei dintorni (non sto parlando di certo di Las Vegas) ma puntare il naso verso l’alto può dare grandi soddisfazioni… un cielo pieno di stelle come nel centro dell’Australia è difficile da incontrare!
Voglio raccontarti 3 cose importanti su Ayers Rock.
Una cosa è culturale, l’altra paesaggistica, l’ultima avventurosa.
Incomincio dalla culturale. Guardare con i propri occhi Uluru fa comprendere davvero perché sia stato e sia tuttora così importante per le popolazioni locali: si tratta di un elemento unico, dal fascino sacro. Vorrei che la sua amministrazione e gestione fosse davvero, al 100% in mano agli aborigeni… la mia impressione non è proprio stata questa quando ero lì in visita. Infatti, dal 1985 il territorio è diventato in co-gestione per 99 anni per far convivere le tradizioni millenarie con un turismo che rispetti la sacralità del luogo. Questo accade molto meglio nella Mecca dei Musulmani o al Muro del Pianto degli Ebrei, all’Uluru si deve ancora migliorare, ma si stanno facendo ottimi progressi anche da quando ci sono stata io (ho inizato a raccontare il mio viaggio in Australia in questo blog).
Passo a quello paesaggistico. La caratteristica più ricercata in questo monolite è il modo in cui sembra cambiare colore a seconda dell’ora del giorno o dei mesi dell’anno. I momenti più belli sono sicuramente l’alba e tramonto in cui vengono prodotte veloci variazioni di colore spettacolari dovute ai minerali che riflettono benissimo la luce rossa e fanno sì che l’Uluru diventi un prisma gigante che divide i raggi del sole e crea uno spettro di luce.
Infine, ti racconto di un’avventura. L’Uluru… si può scalare! Incredibile ma vero. Non con imbraghi o corde come ci si può immaginare parlando di arrampicata, ma a mani nude sorreggendosi a una corda se necessario e seguendo un percorso predeterminato sia per salire che per camminare poi in cima alla roccia. Se si ha la fortuna di non trovare vento durante la visita (e di non avere problemi cardiaci, of course!) io consiglio di fare questa esperienza che vale davvero lo sforzo e ripaga in fascino e scoperte. Da lassù ho visto alberi crescere sopra l’Uluru, giraffe camminare in lontananza (anche se temo non siano autoctone)… e molto altro ancora!